Riproporre, in una veste rinnovata, un testo edito 50 anni fa sull’architettura del paesaggio italiano, spinge certamente a considerare la transizione che ha investito l’oggetto della ricerca da quegli anni al presente.
Ma l’obiettivo di questo testo non era e continua a non essere concentrarsi sui grandi cambiamenti che inevitabilmente hanno interessato il nostro territorio, bensì fissare i concetti e i valori chiave che restano immutati nel tempo, perché fanno parte delle strutture intrinseche del paesaggio italiano.
Il testo nasceva con l’intento di affrontare nozioni fino a quel tempo inesplorate nella cultura architettonica con la volontà di estenderne il campo allo spazio del non-costruito. In quel periodo, infatti, ancora non esisteva “una sensibilità al paesaggio, agli spazi aperti, alla successione degli spazi”. Di fatto la ricerca indagava per la prima volta questi concetti.
Nella nuova edizione, proprio perché i valori e le risorse del paesaggio italiano restano permanenti oltre le trasformazioni, si è scelto di non modificare il corpus del testo, né la sezione iconografica che ne costituisce parte integrante ed è formata da fotografie in bianco e nero.
La nuova introduzione, uno dei pochi elementi aggiuntivi rispetto al testo originale, insieme a un aggiornamento bibliografico, chiarisce questi intenti passati e presenti.
Si entra poi nel vivo della ricerca, definendo innanzitutto il concetto di valore riferito al paesaggio, considerato sotto le diverse angolazioni di geografia, storia, estetica, psicologia e progettazione.
Da sinistra: risaia a Trino Vercellese nel Piemonte; Morfologia del paesaggio italiano. La campitura irregolare.
La parte principale del testo è dedicata alla “morfologia del paesaggio italiano” con la definizione di un’ampia serie di categorie, che non vogliono essere una classificazione, bensì un’analisi dei valori espressivi ed estetici rivolti alla cultura del progetto. In queste categorie (foresta, fiumi, coste, campi aperti e chiusi, disegno del suolo, strade…), si fondono valori spirituali e pratici, poiché entrambe le sfere strettamente fuse tra loro hanno contribuito a plasmare il paesaggio italiano.
Il capitolo successivo entra nello specifico del rapporto tra uomo e paesaggio.
La parte finale è dedicata ai temi della tutela dei valori del paesaggio e a considerazioni sul ruolo dell’architetto del paesaggio, che è chiamato a essere mediatore tra forma e potenziale naturale, per trovare un equilibrio tra esigenze della società contemporanea e capacità dell’ambiente di recepirle in maniera sostenibile.
Questa prerogativa del paesaggista procede dalla conoscenza non solo e non tanto delle singole componenti del paesaggio, ma del sistema complesso di cui fanno parte, che supera la loro semplice addizione. È appunto questa la struttura intrinseca del paesaggio italiano, che “costituisce un valore di prima grandezza, sia per innalzare l’animo umano che per le dirette responsabilità che dovrebbe produrre a ciascuno”.