Una settimana ad Accumoli come volontario
di Francesco Stucchi

L'esperienza tragica di questo terremoto ci ha permesso di conoscere un altro volto dell’Italia, un territorio sconosciuto, perlopiù disabitato per gran parte dell’anno.
Se ogni terremoto è diverso, questo è quello delle frazioni delle seconde case. Anche nel terremoto dell’Umbria si era in presenza di piccoli centri sparsi e diffusi su un territorio montano, in più, in questo caso, le frazioni sono diventate seconde case. E non già la classica seconda casa realizzata apposta per la villeggiatura, qui siamo in presenza della casa di famiglia abbandonata come residenza principale perché troppo isolata dai servizi, dal benessere e dal progresso, alla quale tornare in vacanza per consolidare un tessuto di relazioni che rassicurano le proprie radici. Piccoli centri di case in pietra con la piazzetta e la chiesa, lì da almeno un paio di secoli. Ora sono tutti chiusi, le strade interrotte per possibili frane, nessun abitante nelle frazioni, qualche roulotte appena fuori per chi ancora qui ha qualche attività agricola.
Una situazione territoriale così pone problemi di gestione tecnica ma anche amministrativa dell’emergenza, ancora una volta inediti. Una settimana ad Accumoli per fare le valutazioni di agibilità post sisma e immergersi in nuovi paesaggi bellissimi e diversi. Li attraversa la Salaria, ma poi verso l’interno si snodano per chilometri valli ormai disabitate. Un paese che negli anni ‘50 contava 3.000 abitanti ed ora meno di 700, divisi in 17 frazioni. Un territorio di quasi 80 km quadrati. Una macchina amministrativa che oggettivamente non può essere all’altezza della situazione. Un uso del volontariato ancora una volta fantasioso: non può essere un volontario il segretario comunale, e il supporto tecnico agli uffici comunali non può “turnare” ogni settimana; è l’apparato che deve garantire continuità amministrativa e gestionale per tutta l’emergenza, si usi poi l’operatività del volontariato che serve.
In tutto questo emergono capacità relazionali fantastiche normalmente impensabili in una società rancorosa come la nostra. Collaborazioni naturali, serene e intense tra tecnici, vigili del fuoco, forze dell’ordine, cittadini e volontari. Relazioni sostenute da un giusto grado di ironia e di autoironia che permette di andare oltre i problemi.
“Architetto e cambi ‘sta marcia! Ché guidate tutti così al nord? E la lasci andare questa Lancia”.
“Sono un uomo di pianura, non sono abituato a trovarmi dietro una curva una mucca che mi guarda di traverso e non si vuole spostare”.
“Guarda un po’ che roba! È tutto crollato. Almeno prima ce stava il paese, gli amici e i parenti che vedevi d’estate, il contadino che era rimasto che te vendeva la verdura, la carne, il pecorino. Poi la festa della frazione e poi quelle delle altre frazioni. Ce se passava l’estate. Mo’ che c'è rimasto? Solo l’aria bona”.

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Ho visto geometri coordinare il lavoro di architetti, ingegneri e specialisti, e nessuno ha avuto niente da ridire, tranne forse il prendersi in giro su chi aveva il giubbetto più “tecnico”. Persino i “burberi super tecnici” della Direzione Comando e Controllo della Protezione Civile sono gentili quando ti controllano le schede che consegni.
E ci sono pure le bestie abbandonate. In una mattinata piovosa, in una delle frazioni abbandonate, mentre tornavo alla macchia a prendere una cosa che avevo dimenticato, vedo venirmi incontro un cane, bagnato, infreddolito e malmesso. Ho avuto paura, ma senza mostrarlo troppo mi sono affrettato a raggiungere il resto della squadra. Ci raggiunge anche il cane, che si mette a strusciare tra le nostre gambe. Non aveva fame, cercava solo carezze.
È ormai certo che il volontariato fa bene a chi lo fa, ancora una volta dalle vittime arrivano lezioni etiche. Dobbiamo valutare l’agibilità della casa di una minuta signora di 85 anni, “in gamba” come si direbbe da noi. Le dico, come a tutti:
“Prima facciamo entrare i vigili del fuoco, poi se ci danno il via entriamo noi.”
“Perché? Se cade in testa un mattone a loro, gli fa meno male?”
“No, però hanno una esperienza maggiore sui pericoli”
“Non è giusto, dovrei entrare prima io, la loro vita è più importante della mia”
Faccio fatica a trattenere l’emozione, poi anche i VVF vogliono fare una foto ricordo con la signora che acconsente, ma “Tenetela per voi, non mettetela su quelle robe lì che girano”.
Non è la visione buonista della situazione, ma certamente migliora l'opinione sui rapporti umani se non con le istituzioni. Sarà la sindrome del volontario.
Diverse cose sono iniziate storte, compreso il lavoro che stiamo facendo di rilevamento delle condizioni di danno e agibilità degli edifici, e temo che sarà difficilissimo correggere il tiro, anche se non si è ancora a metà del lavoro. Purtroppo la fase più critica dell’emergenza è quella iniziale ed è anche quella più importante per ottenere poi risultati efficaci.
La settimana finisce, ci si lascia facendosi gli auguri.

Accumoli, 11 ottobre 2016

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I volontari di Consulta ad Accumoli.

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Squadra P833: Antonio Castagnella, Francesco Stucchi.

3 novembre 2016

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