Illica: “Zona rossa” di Accumoli
di Stefano Balconi e Claudia Maria Borgonovo

Dopo il terremoto del 24 agosto siamo stati chiamati a dare il nostro contributo quali tecnici abilitati al rilievo dei danni e alla valutazione dell’agibilità nell'emergenza post-sismica, e Illica è stata la nostra prima destinazione.
Presa visione delle istanze da evadere e organizzati i sopralluoghi da effettuare, superiamo i varchi della “zona rossa” di Illica accompagnati dai vigili del fuoco, Rocco e Roberto, che ringraziamo per la pazienza e la preziosa collaborazione. La prima immagine del paese è il cumulo di macerie di un edificio alla nostra destra posto sotto sequestro, perché lì ci sono state delle vittime.
C’è il sole, anche se pallido, ma il paesaggio è desolante. Nulla resta a Illica di quel borgo di villeggiatura vitale e festoso qual era prima del 24 agosto e ci si rende presto conto che la maggior parte degli edifici sono stati profondamente danneggiati dal sisma: moltissimi sono totalmente o parzialmente crollati, e i pochi che dall’esterno paiono meno compromessi, una volta visionati dall’interno, mostrano danni che ne precludono completamente l’agibilità.

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Iniziamo a eseguire i sopralluoghi in punta di piedi…, perché si cammina sulle macerie e la sensazione è un po' quella di camminare su quel poco che resta dei ricordi di famiglie intere.
Via via che passano i giorni e procediamo con i sopralluoghi, emerge il sospetto che qualcosa non funzioni nella gestione dell’emergenza. A Illica la quasi totalità degli edifici oggetto di valutazione sono seconde case, non ci sono attività pubbliche né commerciali e l’unica attività imprenditoriale è quella di una cooperativa che alleva bestiame in strutture esterne al centro abitato. Il nostro supporto ci appare poco efficace, in quanto eseguiamo valutazioni su edifici di villeggiatura, utilizzati solo per brevi periodi dell’anno e che proprio per questa loro specifica natura non possono contribuire al ripristino della vita e della quotidianità dei luoghi colpiti dal terremoto. A questo si aggiunge un altro aspetto, forse ancor più fastidioso: l’atteggiamento “furbesco”, ahinoi, tipicamente italiano, di chi approfitta dell’emergenza per accedere a rimborsi non dovuti, chiedendo valutazioni su edifici inagibili da prima del terremoto o, addirittura, “inesistenti” in quanto considerati abusi edilizi. In molti casi è, infatti, emersa un’evidente discordanza tra stati di fatto e mappe, carte e documenti autorizzativi.
Ma noi siamo tecnici mobilitati dalla Protezione civile con un compito specifico da svolgere e tutti questi spiacevoli aspetti passano in secondo piano, anche perché, di contro, prevale la dignità di un intero territorio che non vuole rinunciare alle proprie radici e per questo mostra tutta la volontà di reagire e ricominciare a vivere, supportata dalla piena collaborazione delle amministrazioni locali, delle Forze dell’ordine, della Protezione civile, dei volontari… e di noi tecnici valutatori.

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Alcuni edifici distrutti dal sisma a Illica.

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Allora, ci concentriamo sulla valutazione degli edifici e osserviamo e annotiamo molti altri aspetti più pratici e concreti: primo fra tutti l’effetto degli interventi edilizi realizzati sull’esistente negli anni ’80 e ’90. Essi erano stati pensati come “miglioramenti” o “adeguamenti” ai fini antisismici, ma nella realtà si sono rivelati in molte occasioni loro stessi causa del danno. Interventi che sono stati realizzati senza un progetto di consolidamento organico e unitario, che coinvolgesse l’edificio nella sua interezza, ma limitati a singole porzioni del fabbricato, per lo più sopralzi, rifacimenti di coperture o inserimenti di balconi e terrazze realizzati in calcestruzzo armato o latero cemento. L’aggiunta di elementi rigidi in calcestruzzo, che, in quanto tali, hanno resistito al sisma, in semplice appoggio su strutture in muratura, a tessitura irregolare e di cattiva qualità, e quindi molto meno rigide, hanno di fatto determinato l’inevitabile crollo parziale o totale dell’edificio.
A Illica, come ad Amatrice, moltissimi degli edifici cancellati dal terremoto si presentano come cumuli di macerie coperti da solette e tetti in calcestruzzo, rimasti per lo più integri sebbene traslati dalla loro sede originaria e adagiati contro gli altri edifici circostanti, oppure lungo le strade. Un paradosso crudele che racconta ancor più di molte parole la tragedia del terremoto e il suo catastrofico effetto sul nostro patrimonio edilizio esistente.
Oggi, a distanza di poche settimane dal nostro turno, quel poco che restava del Comune di Accumoli e di molte delle sue frazioni non c’è più, non è sopravvissuto alle ultime forti scosse. Non ci sono più nemmeno gli uffici del COC ospitati a fianco del salumificio SA.NO. Ora l’unica speranza è quella di una ricostruzione di qualità che possa ridare vita a questi splendidi luoghi.

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Squadra P495, Claudia Maria Borgonovo e Stefano Balconi, con Rocco e Roberto.

08 Novembre 2016

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